Descrizione
CALDAROLA - Dalla volontà di raccontare chi c’è, non chi resiste, è nata l’iniziativa “Io sono di Croce”. Una esposizione fotografica sui muri delle abitazioni della piccola frazione di Caldarola per conoscere i volti di chi la abita. Scatti del fotografo Luca Bortolato stampati ed esposti nelle vie del piccolo borgo dove il sisma del 2016 ha lasciato il segno e dove oggi viene data, attraverso le foto di chi lo vive, una testimonianza di esistenza. Perché se il termine resilienza è stato usato troppo spesso e a volte anche impropriamente negli ultimi otto anni nelle terre del cratere, c’è voluto invece lo sguardo di chi, arrivato da fuori, è riuscito a leggere l’anima di coloro che questi luoghi li vivono perché li scelgono ogni giorno, non perché hanno deciso di resistere. Un atto d’amore, non di resilienza. È lo stesso fotografo a raccontare come è nata l’idea, partendo proprio dall’esperienza personale che da Padova lo ha portato a conoscere le Marche e l’entroterra ferito dal sisma. “Ho sposato una marchigiana - racconta Bortolato -. Mia moglie è nata a Tolentino, ha vissuto ad Ancona e sua mamma ha una casa a Croce, luogo che ho iniziato a frequentare dal 2017. Ogni estate vi trascorriamo un paio di settimane e spesso torniamo anche nel periodo natalizio”. Nel racconto di Bortolato si svela pian piano la sensazione di coloro che hanno conosciuto Caldarola solo dopo il sisma: perché se per gli abitanti c’è un prima e un dopo a cui ormai si sono abituati, per chi ha vissuto solo il dopo resta la curiosità di ciò che non hanno mai visto. “Io non ho mai visto i negozi aperti in piazza a Caldarola - prosegue il fotografo -, la stazione dei carabinieri è sempre stata per me un container e la casa di Vito non la immaginavo così alta (ne sono rimaste solo le piastrelle della cucina a guardare il cielo)”. È stata allora questa curiosità il motore che ha spinto Bortolato a supportare gli abitanti nel riportare a Croce le feste triennali che mancavano dal 2016: “Con alcuni pochi che sono rimasti e noi in aiuto da fuori, abbiamo voluto organizzare nuovamente le feste del paese che ogni tre anni toccavano alla frazione di Croce. Dal 2016 non se ne parlava. Prima il sisma e poi il Covid avevano fatto passare la voglia a chi lì cerca semplicemente di esistere. Ciauscolo, olive ascolane, vincisgrassi, maialino, tozzetti e focò sono diventate parole familiari. È stata una gran fatica e ce l’abbiamo fatta”. All’interno delle iniziative per le feste triennali sono arrivate le foto: ““Io sono di Croce” è nata così, come un lavoro per queste persone - dice Bortolato -, per affermare la loro identità, per guardarsi appiccicati ai muri di quelle esigue case rimaste vive come loro. Dire “Io sono qui!”. È una dichiarazione di esistenza, per tutti, rivolto a tutti. Per quei pochi che passeranno nel borgo in questi giorni e per chi è rimasto. Non è un lavoro sul terremoto. È un regalo a chi c’è oggi. Un modo per affermare il luogo. Il 2016 è lontano anche se oggettivamente presente, ma da qualche parte bisognava pur ricominciare. Partire dalle persone mi pareva il modo più giusto”. Così, da quegli scatti, è possibile vedere una realtà diversa anche da quella che spesso si immagina nell’entroterra dove accanto ai residenti con l’argento tra i capelli c’è anche chi ha scelto questi borghi per costruire una famiglia e far crescere i propri figli: “C’è chi pensa che nelle zone più malmesse del cratere ci siano solo gli anziani legati al territorio - evidenzia Bortolato -, in realtà Croce, anche per la posizione vicina alla superstrada, si è ripopolata negli ultimi anni. Sono arrivate coppie giovani, negli ultimi tre anni sono nati tre bambini e l’età media si è abbassata di colpo”. L’esposizione ha destato interesse non solo tra coloro che sono passati nel borgo in occasione delle feste o per una passeggiata, ma anche tra i protagonisti delle foto: “È stata l’occasione per riavvicinare tutti a un senso di comunità - conclude il fotografo -. Quando abbiamo stampato le immagini in tanti aspettavano con curiosità di vedere il risultato. Alla fine, vedere i propri volti stampati e appesi per le vie di Croce ha trasmesso a loro stessi il valore di quello che avevamo fatto. Siamo stati tutti soddisfatti”. Il plauso arriva anche dal sindaco di Caldarola, Giuseppe Fabbroni: “Partire dalle persone, come è stato fatto per questo progetto, deve essere una priorità - dice -. Sin da quando abbiamo deciso di impegnarci per Caldarola abbiamo voluto mettere i cittadini al centro e il progetto “Io sono di Croce” sposa perfettamente la nostra idea di rinascita. Ringraziamo il fotografo Luca Bortolato per la sensibilità dimostrata verso il nostro territorio e verso la comunità di Croce. Solo mantenendo coesa la comunità e vivo il senso di appartenenza potremo ricostruire insieme il tessuto sociale del nostro paese”.